Finalmente un po’ di chiarezza sul rapporto tra design e diritto d’autore (anche se, a me, la nebbia non sembrava così fitta…).
Dopo che il 24 giugno l’Avvocato Generale aveva depositato le conclusioni finalmente è stata pubblicata tanto attesa sentenza sul caso Flos.
In estrema sintesi, il caso era questo.
La lampada Arco, creata nel 1962 e divenuta di pubblico dominio prima del 19 aprile 2001, è protetta dal diritto d’autore ex lege 633/1941, come modificata dal D.Lgs. 95/2001. I relativi diritti sono detenuti dalla Flos. Un’impresa cinese produce la lampada Fluida che imita le caratteristiche stilistiche ed estetiche della lampada Arco. Un’impresa italiana, la Semeraro, importa in Italia la lampada Fluida.
Il 23 novembre 2006, la Flos ha citato la Semeraro dinanzi al Tribunale di Milano per aver importato dalla Cina e commercializzato in Italia la lampada Fluida. Il giudice del procedimento sommario dispone, , con ordinanza 29 dicembre 2006, il sequestro delle lampade importate e inibisce alla Semeraro l’ulteriore commercializzazione delle stesse.
Nella causa di merito il giudice rileva che sono intervenute modifiche normative che suscitano dubbi quanto alla loro conformità con la direttiva 98/71 e, in particolare, con il principio di cumulo delle protezioni imposto dall’art. 17 della direttiva. Il giudice, quindi, chiede alla Corte di Giustizia di interpretare la direttiva e formula un quesito al quale la Corte da due risposte, e due quesiti ai quali la Corte da una risposta (non è uno scherzo).
La prima questione da risolvere è se una norma statale che esclude dalla tutela d’autore il design mai registrato o la cui registrazione fosse scaduta prima dell’entrata in vigore della norma che stabilisce il cumulo delle protezioni sia in contrasto con l’art. 17 della direttiva 98/71.
Una domanda, quindi, alla quale la Corte offre due risposte.
Se il design non era mai stato registrato, non si pone un problema di violazione dell’art. 17, perché questo si occupa soltanto del design registrato. Il giudice nazionale, però deve verificare se la tutela d’autore possa essere imposta da altre direttive, e in particolare dalla direttiva 2001/29.
Se il design era stato registrato ma la registrazione era scaduta, ma non era ancora decorso il termine di tutela d’autore previsto dalla direttiva 93/98 (settant’anni dopo la morte dell’autore), la tutela d’autore è obbligatoria, anche se in qualche momento storico il termine per la tutela d’autore fosse stato più breve (questo perché nella sentenza Butterfly Music del 1999 la Corte aveva precisato grazie alle direttive di armonizzazione opere ed oggetti divenuti di pubblico dominio possono essere protetti nuovamente).
In altre parole, l’obiettivo dell’armonizzazione delle normative nazionali che disciplinano la durata di protezione del diritto d’autore e dei diritti connessi è prevalente rispetto ad altri interessi.
La parola d’ordine, quindi, è rinascita del diritto d’autore.
La seconda e la terza questione che la Corte doveva risolvere è se sia compatibile con l’art. 17 una norma statale che, per proteggere l’affidamento dei terzi, escluda dalla tutela d’autore il design che sia divenuto di pubblico dominio prima dell’entrata in vigore della norma che consente il cumulo tra registrazione e tutela d’autore.
La Corte da un lato afferma che il principio del rispetto dei diritti acquisiti e il principio di tutela del legittimo affidamento sono tra i principi fondamentali del diritto UE.
La rinascita del diritto d’autore, quindi, non ha incidenza sugli atti di sfruttamento definitivamente compiuti da un terzo prima della rinascita stessa.
Dall’altro lato, però, dice la Corte “per giurisprudenza costante, il principio della tutela del legittimo affidamento non può essere esteso al punto da impedire, in via generale, che una nuova norma si applichi agli effetti futuri di situazioni sorte in vigenza della norma antecedente”.
Dunque la moratoria è a forte rischio. Vediamo la soluzione.
Secondo la Corte, una moratoria che non abbia l’effetto di rinviare per un periodo sostanziale di tempo la tutela d’autore è compatibile con l’art. 17.
Ma quando un periodo di tempo è “sostanziale”?
Ce lo dice il principio di proporzionalità: la regola deve essere tale da “garantire il rispetto del bilanciamento tra, da un lato, i diritti acquisiti e il legittimo affidamento dei terzi considerati e, dall’altro, gli interessi dei titolari del diritto d’autore” e che “non vada oltre quanto necessario ad assicurare tale bilanciamento”.
Quindi, possono beneficiare della moratoria:
- solo i terzi che “hanno già compiuto atti di sfruttamento di disegni e modelli di pubblico dominio alla data di entrata in vigore della normativa che ha trasposto nel diritto interno dello Stato membro di cui trattasi l’art. 17 della direttiva 98/71”;
- solo per il periodo necessario in vista della cessazione progressiva dell’attività in quanto fondata sull’uso anteriore di tali disegni e modelli, oppure di uno smaltimento delle scorte.
Secondo la Corte, quindi, dieci anni erano troppi ed a maggior ragione era illegittima l’inopponibilità illimitata della tutela d’autore (art. 4, n. 4, DL 15 febbraio 2007, n. 10).
La materia non è affatto semplice (oltre a toccare interessi rilevanti) e la sentenza della Corte lascia ancora campo aperto a discussioni.
Per fortuna degli avvocati…
I primi commenti alla sentenza sul blog The IPKat e su The 1709 Blog.